Appunti non organici di storia patria

 
MESSAPI
  Uomini della pietra scheggiata e della pietra levigata, uomini dell'età del rame e di quella del ferro e poi Pelasgi, Illirici e Levi, Japigi, Messapi e Salentini, in una evoluzione etnica che ci porta alle soglie del VII-V secolo avanti Cristo a ritrovare su questo lembo di penisola una umanità di genti coesa, strutturata sul territorio, con una propria lingua e tradizioni.
  Se nacquero mura o fortificazioni in Castro, nacquero messapiche. Un equilibrio di pace e tranquillità sconvolto dalla nascita della vicina e battagliera colonia spartana di Taranto, la cui ambizione obbligò tutte le citta messapiche a chiudersi e fortificarsi. E a farle guerra. Alcuni storici ritengono che anche Castro nel 473 a.C. ebbe parte alla lotta tra Messapi, Japigi, Lucani e Bruzzi con la colonia spartana.


La presenza di una cinta muraria di età elleninistica è ben documentata. Nella cartina in alto sono indicate le relative attestazioni.

Quella a nord, sul piccolo piazzale di ingresso alla vecchia sede comunale di Piazza Perotti, venne alla luce nel corso dei lavori di costruzione di una fossa settica. ll ritrovamento è stato oggetto di indagine da parte della Soprintendenza e l'autore di queste pagine è impegnato a recuperare le informazioni disponibili. Ad oggi si possono ottenere copie fotografiche in b/n degli scavi presso RIZZO MULTIMEDIA in Castro.

Quella a sud, in corrispondenza delle mura medioevali poste in proseguimento di via Mameli (Chiavica) venuta alla luce nell'aprile-maggio 2000 nel corso dei lavori di posa della fognatura nera del Centro Storico. La pulizia del varco di crollo delle mure aragonesi utilizzato per l'attravesamento delle condotte mette in evidenza un ampio tratto di murature in elevato realizzate con conci ciclopici di fattura messapica, alcuni ancora in posto alcuni riattati dal rifacimento medioevale.

 

ROMANI e I VANDALI

  Libera fino a quasi tutto il II secolo a.C., Castro fu assoggetta, assieme alle sconfitte genti messapiche e nonostante l'aiuto di Pirro (272 a.C.), all'autorità di Roma, e nel 123 a.C. nel suo territorio vi prese stanza anche una colonia romana.

  La città dei Romani fu inserita nella grande via Traiana-Appia, di cui tuttora rimangono le tracce sul Monte Lacquaro e sul vicino Monte Sanarica. Collegata direttamente con Vereto e con Otranto, nella Tavola Peutingeriana (IV sec. d.C.) da quelle città vengono calcolate le sue distanze: da Veretum a Castrum Minervae miglia 12; da Castrum Minervae a Hydruntum miglia 10.

Tavola di Peutinger, l'unica rappresentazione cartografica del mondo antico

  Lo sviluppo della città è fiorente ed il porto ricostruito.
  Al crollo dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.C.), con la fine della civiltà antica e l'inizio del Medioevo, per tutto il mediovo barbarico (476-800) sulla penisola salentina scorazzarono le popolazioni dei Vandali e dei Goti.

  Salito Giustiniano (526) sul trono imperiale di Bisanzio (Costantinopoli),  e coltivando il nuovo imperatore il grande disegno di restaurare l'antica potenza dell'Impero, mosse nel 535 guerra ai barbari, prima in Africa e poi in Italia. Il ventennio di lotte che segui vide l'Italia teatro di numerose battaglie ed occupazioni. Le truppe di Totila, uno dei tre comandanti dei Goti,  occuparano anche Otranto e Castro nel 545, ma furono definitivamente sconfitte a Napoli nel 553 dai generali bizantini ed i pochi superstiti abbandonarono per sempre l'Italia.
 

BIZANTINI

  Occupata la penisola, l'Imperatore nomino un esarca con sede in Ravenna. L'occupazione bizantina fu l'ultima occasione di unità politica della penisola italiana. Con la calata dei nuovi barbari  Longobardi (568), l'Italia si presenta divisa sotto due diverse amministrazioni. Una, quella longobarda, formata dalla valle padana, parte dell'Italia centrale e meridionale con i Ducati di Spoleto e di Benevento ed una seconda, la restante,  occupata dai Bizantini.
  La Puglia è saldamente nelle mani di Bisanzio e la fascia costiera non necessità di particolari opere di fortificazione.

  Assunta importanza, data la sua posizione geografica e la sua notorietà commerciale, Castro fu elevata a sede vescovile da Leone II nel 682. Nata latina, come Otranto,  passò ben presto tra i vescovati greci del ducato di Calabria, alle dipendenze di Bisanzio.

  La fama del nuovo re francese Carlo, l'impotenza del potere d'Oriente e le controversie sulla iconoclastia, la minaccia di nuovi barbari, l'abile diplomazia dei papi di Roma, portano al desiderio ed alla nascita di un nuovo potere forte, ricondotto nell'alveo della romanità e della chiesa con l'investitura morale di Carlo Martello a erede e difensore della cristianità.

  La lotta tra Franchi (Carolongi), alleati dei papi e i Longobardi si trasina per il resto dell'Italia fino al 773 con la vittoria del più noto discendente di quella casata, Carlo Magno, incoronato imperatore nel natale dell'anno 800.

  Alcuni autori narrano di una occupazione di Castro da parte dei Longobardi nell'anno 741 in danno sicuramente dei Bizantini, in quanto questi tennero l'ultimo lembo di penisola salentina anche nel momento di massima espansione dell'impero carolingio (843).

  Nella  Novella dell'Imperatore Leone del 813, sono ricordate due sedi metropolitane bizantine, quella di Reggio con undici diocesi suffraganee e quella di Santa Severina in Calabria con le diocesi suffraganee di Oria, di Acerenza, di Gallipoli e di Castro. Al periodo bizantino data appunto la chiesa bizantina sul lato sinistro dell'attuale ex-cattedrale.

  La fine dell'impero carolingio (888) porta un nuovo sbandamento nell'europa ed in Italia. L'affermarsi della dinastia sassone con Ottone I, re di Germania e poi anche di Italia, porta alla ricostruzione del Sacro Romano Impero nel 962.

  Alla riconquista dell'Italia Meridionale in mano ad arabi (Sicilia, ma anche Bari per un breve decennio) e bizantini si accinsero senza successo i suoi successori.

  Il Mezzogiorno d'Italia prima del 1000 era diviso in una quantità di piccoli stati non uniti da alcun vincolo di solidarietà, anzi in continua lotta fra loro. Arabi, Bizantini, prinipi longobardi, l'abate del Monastero di Montecassino, esercitavano in varia misura il loro potere e opprimevano specialmente le città marittime, dove lo sviluppo del commercio e delle ricchezze favoriva maggiormente i sentimenti di libertà e d'autonomia.

NORMANNI

  Agli inizi del nuovo millennio, dal 1027 al 1030, assoldati dai principi meridionali e dai Bizantini, sempre in lotta tra loro, arrivarono dal mare nuovi soldati mercenari, piccola nobiltà discendente dai guerrieri vichinghi stanziati in Normandia. Con abilità riuscirono ad ottenere la concessione della contea di Aversa (1030) che fu il primo nucleo della loro potenza. Sotto il comando di Gugliemo Braccio di Ferro della casa di Altavilla e dei suoi fratelli, tra i quali Tancredi, i Normanni estesero sempre più i loro domini nella Puglia e nella Basilicata.

Provenienti dalla Francia settentrionale, ormai francofoni e cristiani, nelle vesti di pellegrini e guerrieri, i normanni giunsero nell'Italia meridionale. Protagonisti furono i Drengot, dei quali Rainulfo, divenne conte di Aversa (1028), e gli Altavilla (Hauteville) che, sbarcati nel 1035, iniziarono al servizio di Rainulfo la loro straordinaria carriera, destinata a concludersi con la conquista di tutta l'Italia meridionale e della Sicilia, con la costituzione di un regno (fra il 1130 e il 1139). Vale la pena di ricordare i protagonisti dell'impresa: Guglielmo Braccio di Ferro, conte di Puglia († 1046), Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria († 1085), Ruggero I, conte di Sicilia († 1101), e Ruggero II († 1154), primo re di Sicilia. Restando in minoranza, nonostante sporadiche migrazioni dal nord, i normanni finirono col mescolarsi con i locali. Il regno normanno di Sicilia, continuato dallo svevo Federico II, fu l'esempio mirabile della riuscita dell'insediamento normanno in Europa.

Attaccati dal papa, impaurito dalla loro crescente potenza, ma da essi sconfitto al punto da indurlo ad averli come alleati piuttosto che nemici, i Normanni ottennero l'investitura dell'Italia Meridionale (1053) e con Roberto il Guiscardo la conquista normanna procedè sempre più spedita.

L'accordo normanno-papale di Melfi (1059) fu a danno dei domini bizantini, arabi ma anche della Chiesa greca dal 1054 ormai scismatica. Poi con il fratello Ruggero, e suo figlio, nel 1130 i normanni unificavano col titolo di re di Sicilia e di Puglia tutto il Mezzogiorno, affermando una unità politica dell'Italia meridionale protrattasi sotto varie dinastie e casate, fino all'unità d'Italia (1860)

Andrea Manzella (http://www.geocities.com/SoHo/Workshop/4034/indice.htm) scrive: "Il Breve Chronicon Northmannicum, compilato da un anomimo pugliese all'inizio dell'XII secolo, è una fonte preziosa della conquista normanna della Puglia. Il Chronicon spazia dal 1041 al 1085, dalla prima massiccia invasione dei guerrieri normanni della Puglia bizantina, alla morte del "glorioso" duca Roberto Guiscardo. I primi normanni, giunti in Puglia al soldo dei longobardi, presto travolgono i greci di Michele Dokeianos (1042), e già nel 1045 hanno in Guglielmo Fortebraccio, un Altavilla, il primo conte di Puglia. I capi normanni si disputano fra di loro le grandi città marittime pugliesi, Brindisi, Bari, Trani, Otranto, Oria, Taranto. Ogni tentativo di difesa, opposto dagli imperatori che si susseguono sul trono di Costantipoli, sembrano invani. Neppure papa Leone IX riesce ad avere la meglio dei normanni (1053) e papa Niccolò II deve riconoscere il conte Roberto nel ducato di Puglia, Calabria e Sicilia, quest'ultima da strappare agli arabi (1059). Prima che entri da trionfatore in Palermo (1072) Roberto deve ancora vincere le ultime resistenze bizantine (1061-70). Il duca Roberto, quindi, assedia e espugna la longobarda Salerno che ancora gli resisteva (1074). Il duca, che aveva in animo la conquista dell'impero, sbarca sulla coste elleniche e vince Alessio a Durazzo (1081). Intanto Enrico re di Germania depone papa Gregorio VII ed insedia Guiberto di Ravenna (1084), il Guiscardo accorre in soccorso del papa, scaccia le truppe teutoniche e saccheggia Roma. Gregorio VII muore a Salerno (1085) e quello stesso anno muore l'eroe normanno, il duca Roberto, che è seppellito a Venosa".

Dal BREVE CHRONICON NORTHMANNICUM 1041 si da nota della conquista di tutte le città marittime tra cui la nostra Castro:1055. Humphredus fecit proelium cum Graecis circa Oriam, et vicit eos. Gaufredus comes comprehendit Neritonum, et Litium. Robertus comes ivit super Callipolim, et fugatus est iterum exercitus Graecorum in terra Tarentina, et captum at Hydrontum, et Castrum Minervae.

  I nuovi padroni dell'Italia meridionale, ormai terra di frontiera verso mare, ove avevano ricacciato arabi e bizantini, avendone l'evidente necessità, attesero alla fortificazione del territorio e della costa in modo particolare.
  Ruggero II si spinse anche a dare battaglia in Africa, a Tunisi e Tripoli, a Corfù, a Tebe, Corinto e perfino al Bosforo.

  Le cronache narrano di una popolazione diversissima, per lingue, razze, civiltà, leggi, costumi e religioni, pacificamente amministrate dal potere normanno. All'amministrazione delle finanze prevalevano i Musulmani, i quali ben presto costituirono una parte cospicua anche dell'esercito. Il vario aspetto di questo regno doveva apparire assai singolare: si vedevano, a poca distanza, castelli feudali, città greche, villaggi musulmani, colonie lombarde, strade occupate da pisani, genovesi e amalfitani.  Passato il mille, con l'avvento dei Normanni, oltre all'incastellamento, cominciò l'era delle grandi cattedrali pugliesi e non è raro trovare atti ove si documenta che ad erigere chiese fossero maestranze musulmane.

 Al periodo di affermazione del potere normanno si devono alcuni momenti importanti nella storia della penisola salentina, tra cui la distruzione (1156) delle città di Vaste ad opera di Guglielmo il Malo per essersi il suo barone alleato col Papa. Nel 1171, la diocesi di Castro, passata alle dipendenze di Roma, suffraganea di Otranto, ebbe la sua nuova cattedrale e dai normanni amministrativamente elevata a Contea.

  Il periodo normanno è anche da ricordare per le crociate in terra santa, che dal 1099 al 1270, per sei volte, vidde occupata la cristianità contro il mondo mussulmano, mentre, l'affermazione della casata di Svevia nelle lotte germaniche fino all'elezione di Federico I, il Barbarossa (1152), la ritrosia dei Comuni del nord e del papato a riconoscerne la supremazia, le continue e diffuse rivalità, vedono il resto d'Italia impegnato in continue lotte di reciproca  affermazione.

DAI NORMANNI AGLI SVEVI.
 Alla fine del XII secolo, alla morte di Guglielmo II, re di Puglia e di Sicilia, morto senza eredi maschi, il regno passa a Arrigo VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, in quanto sposo della zia dell'ultimo re Normanno, Costanza d'Altavilla, unificando nelle mani della casata germanica buona parte della penisola.

  Dopo traversie nella discendenza del titolo, Federico II nel 1215 ottenne la corona imperiale. Il Regno di Sicilia sotto gli svevi e specialmente sotto Federico II, raggiunse il suo massimo splendore. A lui successe il figlio Corrado IV e poi, con intrighi, lo zio Manfredi. Questi entro presto in rotta col papato, che spalleggiato da Carlo d'Angio, fratello del re Luigi IX di Francia, lo batte a Benevento (1266) con la fine della dominazione sveva sul Meridione.

 


GLI ANGIOINI
  A Carlo I d'Angio, per l'aiuto dato contro gli Svevi, il papato concesse il feudo del Mezzogiorno e a nulla valse il tentativo, successivo e tragico, di Corradino di Svevia di riconquistare la terra dei padri.
  Il nuovo padrone, spietato e sanguinario,  governò duramente, permettendo che il popolo fosse taglieggiato e smunto dai suoi baroni, rapaci e senza scrupoli. Porto la capitale da Palermo a Napoli, diede molte terre siciliane a prepotenti baroni francesi. La tensione esplose coi famosi Vespri siciliani. Pietro III d'Aragona, genero di Manfredi, fu acclamato re di Sicilia, e per quanti sforzi facessero gli Angioni e il Papa non riuscirono più a strappare la Sicilia agli aragonesi.

Per quello che ci interessa da vicino, il 24 maggio del 1274 Carlo I emanava da Brindisi ordini per la fortificazione delle coste adriatiche e joniche, ivi comprese le opere portuali. I suoi architetti, principalmente Pietro d'Angicour e Giovanni di Toul ed il pugliese Riccardo da Foggia mettono mano al castello di Mola, Melfi, Bari, Sannicandro, Brindisi, Giovinazzo, Bitetto, Molfetta, Barletta, Modugno, Lucera, Manfredonia, Oria ed altri numerosi centri.

Tormentata architettura di transizione è questa angioina la quale......................,

  Il regno di Roberto d'Angiò, succeduto sul trono di Napoli, che combattè e sperpero grandi richezze per imporre il suo primato a tutti gli stati iitaliani, termina alla sua morte  con una serie di lotte per il titolo (dopo la dissoluta e leggera Giovanna I, poi Carlo di Durazzo, Ladislao e Giovanna II)  delle quali approfitto Alfonso d'Aragona, re di Sardegna e discendende di Federico III occupando la Sicilia. Dopo un'aspra lotta contro gli Angioni e gli stati italiani gelosi della sua potenza, Federico riusci ad affermarsi definitivamente con la conquista della citta di Napoli nel 1442.

  Ferdinando I, reprimendo una rivolta dei baroni del regno (1485) assodò ancora maggiormnete la potenza degli Aragonesi nel Napoletano.


 


GLI ARAGONESI
  Non conosciamo bene le condizioni di disagio delle popolazioni salentine del Quattrocento per scarsità di documentazione. Ma quando essa si rinviene ci narra di estreme difficoltà e tragedie. Quattro epidemie di peste, nel 1429, nel 1457, nel 1466 e nel 1481.
  Nel 1429, "anno molto doloroso" nei suoi Diari, M. Lucio Cardami ci racconta che  il contagio sembra esterdersi a tutta la bassa Puglia peninsulare e "camminando da un loco ad l'altro" miete vittime per lunghi sette mesi (da marzo a settembre). "Morirono paricchi a le Cetate de Otranto, Castro, Lezze, Galipoli, Nerito, Alexano, et in altri lochi, che fu no terrore, et se Dio non ce leberava presto omne uno saria morto per la gravezza de lo male, che in due, o tre ore facia morire".

  Il 5 dicembre 1456 la penisola è sconvolta da un imprevisto e raro terremoto. Il Cardami ci dice che perirono "chiù te trentamili persuni, in totta la Provincia, e nella cità te Galipoli circa milli".

  Al terremoto nuovamente e forse di conseguenza la seconda epidemia del 1457.

  La quarta epidemia del 1481 si somma o consegue alla violenza saracena dell'assedio e la presa di Otranto dell'anno prima (1480). E infatti,  la devastazione saracena fu ben più ampia e profonda. L'archicenobio basilano di Casole, a quel tempo considerato il più importante centro di cultura greca di tutta l'Italia meridonale viene ucciso.

  Gli aggressori tengono campo per oltre tredici mesi sotto le mura della città idruntina disabitata e semidistrutta. Gli uomini dell'armata di Ghedik Ahmed, circa diecimila o quindicimila uomini, scorazzano per la penisola. Nel "die 5 settembre (del 1480) - racconta Antonello  Coniger ne Le Cronache - 400 cavalli di turchi andarono per marina de S.Cataldo e corsero a Trepuzze, Schenzano, Turchialuro, Canole, e Brancaccio". Distruzione e saccheggio per "Scorrano, Castro, Tricase, Bassardo (Poggiardo), Sternatia, Solito, San Pietro ( di Galatina), Rocca et casali in feniti dove la maggior parte de li genti venero in Lecce e a Taranto". E sempre il Coniger ci dice che nei primi mesi dell'anno seguente a Lecce una epidemia mieterà "circa persuni 15 millia".

 Nel 1492, inizio dell'era moderna, Cristoforo Colombo scopre il Nuovo Continente.

  In Spagna, le nozze di Ferdinando d'Aragona e di Isabella di Castiglia (1496) misero le basi per l'unificazione di tutto il Regno.

  Gli stati italiani, sempre in rivalità, appaiono sempre più deboli. Ludovico Sfdorza, detto il Moro, duca di Milano invita il re di Francia Carlo VII a venire a conquistare il regno di Napoli, facendo valere gli antichi diritti della casa d'Angiò.

  Disceso in Italia nel 1494, occupa facilmente il regno di Napoli e gli stessi stati italini che lo avevano accolto a braccia aperte, impauriti del nuovo potere lo costringono a ritirasi dal napoletano (1495). Il successore di Carlo VII, Luigi XII, vantando certi suoi diritti torna in Italia e occupa la Lombardia. Tenta di accordarsi con Ferdinando re di spagna per il napoletano, ma al momento di spartirsi la conquista scoppia la rivalità tra le due potenze che si conclude con l'assegnazione del Regno di Napoli (1504) agli Spagnoli.

  Carlo V di Spagna aveva ereditato da Filippo d'Asburgo e Giovanna di Aragona i domini asburgigi, e spagnoli, le colonie d'America e si vantava che sul suo regno non tramontava mai il sole.

  La rivalità con Francesco II di Francia porta gli spagnoli ad affermarsi suoi francesi e sul papato che li aveva sostenuti. Roma su saccheggiata dai Lanzichenecchi (1527) e tutta l'Italia passo sotto l'influenza spagnola. Ripreso lo scontro si concluse tra i rispettivi sucecssori Enrico II e Filippo II con la bataglia di S.Quintino (1557).   La nuova pace fisso l'assoluto predominio spagnolo in Italia (1559).

  

  Il 1537 Castro è attaccata e presa dai Turchi. Il 13 luglio 1537 Fabio Arcella, diplomatico pontificio, scriveva ad Ambrogio Recalcati della corte di Napoli "... havere aviso come erano giunti alla Vallona trecento cameli carchi di corazze et altre sorte de armi (...) e che l'armata era partita dal capo de Corone (...) e che se dubita che uno di questi giorni si senta che l'armata haverà dato a Terra d'Otranto e havendo gran moltidutine de cavalli potrà non solo dar molestia et travaglio a questo Regno, ma a Roma ed alla Italia". Lo stesso Arcella il 17 luglio precisava: "sono 360 vele tra galere, fuste, pantare, brigantini et altri vasccelli".

La stessa corrispondenza il 31 luglio riporta: "Ieri sera si ebbero lettere del Vicerè, per le quali avisa che l'armata turchesca era comparsa a Terra d'Otranto alli 26 ad un certo loco chiamato l'Alimina, e dopo si vidde andare verso il capo d'Otranto" e nel post scriptum: "si ha aviso questa sera che quella parte dell'armata che era comparsa al capo di otranto mise in terra certa quantità de omini e de cavalli a Castro, terra la quale, benchè sia piccola è nondimeno assai forte e sopra il mare e vi è dentro il nipote che fu del Card. Gattinario, signore di detta terra e la tiene de soldati e d'ogni altra cosa, secondo dicono, ben munita".

Ed infine: "E' venuta staffetta da Melfe che afferma la presa di Castro, qual fu dai Turchi presa  a patti, ed entrati dentro et data licenzia alal gente che vi era dentro che andassero via, li giannizzeri loro furono intorno et tutti li uccidettero, da le donne et putti in fuora, quali, con tutta la roba che trovavano dentro la terra, faceano porre su le loro galere".

Nei racconti di G. Marciano, Desrizione, origini e successi della Provincia d'Otranto, Napoli 1855, pp. 372-373, qualche secolo più tardi si dice che "Essendosi mossa da Costantinopoli l'armata di Solimano Gran Turco a' danni d'Italia, (..) si accostò al capo d'Otranto, e mise in terra sotto il mare di Castro circa ottomila cavalli, ed un buon numero di pedoni, e con essoloro alcuni furosciti del paese, i quali trascorsero tutta la provincia, e quella depredando fecero molti prigionieri ed altri saccheggiarono la città di Ugento; ed alla fine astringendo la città di Castro, si rese a persuasione dei fuorisciti con patto e condizione che salve ne fossero le persone e le proprietà. Ma i malvagi Turchi, non serbando fede alcuna, entrarono nella città, e la saccheggiarono, ed avendo ucciso il castellano, e tutte le persone inutili, ne portarono seco tutti gli altri prigionieri in Costantinopoli. Il chè inteso Solimano, adirato, fè morire quei che non avevano oservato la fede promessa, e ne rimandò a Castro tutti i prigionieri con le loro robe".

Nel 1573 Castro fu nuovamente distrutta.

Ancora nei racconti di G. Marciano: "La seconda volta fu saccheggiata questa città l'anno 1757 (leggi 1573) nel mese di settembre, come nota il Costo, dicendo che l'armata turchesca con 300 legni tra vascelli e galee, majoni e brigantini, accostatasi a capo d'Otranto, mise gente interra, e saccheggio Castro, piccola città, menandone 200 prigionieri sebbene per la difesa del castello molti turchi vi furono uccisi. Era allora governatore alla provincia Cesare di Gennaro, il quale non fu così sollecito a soccorere il luogo. Ma turbatosi il tempo, vietò ai barbari a fare maggior male, essendo costretti a ritirarsi con lor danno ne' porti d'Albania. Oggi questa città per le dette rovine è quasi desolata, e vi sono pochissimi abitatori".

Su incarico di Marcantonio Colonna, l'Ingegner senese Tiburzio Spannocchi ispeziona "le piazze del Regno di Napoli" e ne disegna lo stato in più mappe. In una, del 1575, conservata agli Uffizi di Firenze, viene riporta la sagoma regolare della città, che in copertina a questa pagine è stata ripresa.

Le condizioni degli stati italiano sotto il dominio spagnolo furono tristissime. Essi erano governati da Vicerè e Governatori che dipendevano dal Supremo Consiglio d'Italia resdente a madrid. Per circa un secolo e mezzo furono abbandonate all'arbitrio di funzionari spesso avidi e disonesti.


I TURCHI
  Nasce e si sviluppa la predicazione di Maometto (570-632) ed il preludio alle guerre di religione.
  I maomettani si spinsero fino a Poitiers ove furono battuti (732) da Carlo Martello, restarono padroni indiscussi del bacino del Mediterraneo e nel 829 occuparono anche la Sicilia. Bari su occupata e sede di un califfato dal xxx-xxx.

  Dopo i primi ingrandimenti territoriali di Osman (1288-1326) gli Ottomani non cessarono di espandersi in danno soprattuto del vecchio impero bizantino.

  Il 1453 i turchi occupano Costantinopoli, da sempre baluardo della cristianità e spingono tutti gli stati italiani alla pace di Lodi (1454).

  Dalla caduta di Costantinopoli alla morte di Solimano il Magnifico (1566) l'impero ottomano fu protagonista di un forte espansione, sia sul Mediterraneo che su tutti i tre contineti.

  Sotto il regno di Filippo II si organizzo l'ultima lega cristiana (1570) contro i Turchi per aiutare Venezia nella difesa dell'isola di Cipro. La flotta dei collegati cristiani, sotto la guida di Giovanni d'Austria, fratello di Filippo II, inferse nel 1571 nelle acque di Lepanto una terribile sconfitta ai turchi che da allora videro tramontare il loro predominio nel Mediterraneo. Gli attachi dell'impero ottomano si limitarano alla terraferma e raggiunsero il massimo attacco nel 1683 con l'assedio infruttuoso di Vienna.


STORIA RECENTE
  Solo le guerre di successione nel primo cinquantennio del secolo XVIII videro spostarsi il predominio in Europa in favore delle casate austriache.