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Il castello di Castro - LE ARMI


  La sotoria ci dice che la generale insicurezza che caratterizza tutto il medioevo europeo spinge alla sempre maggiore fortificazione degli abitati ed alla nascita di nuovi e sempre più imponenti opere di incastellamento.
  Modesti eserciti di barbari, goti, longobardi, normanni, carolingi, bizantini, scorazzano per tutta la penisola italiana. Nessun forte potere centrale, dopo la caduta dell'impero romano di occidente, è in grado di stabilire pacificazioni  effettive e durature.
  Con qualche secolo di ritardo rispetto al resto d'Italia,  sconfitti dai Normanni gli ultimi bizantini d'Italia, la Terra d'Otranto conosce le continue dispute di principi italiani e re stranieri che durerà fino all'unità d'Italia.
  Non che il periodo bizantino sia stato privo di pericoli: gli imperatori d'oriente, dopo il primo energico intervento per la ricacciata dei Vandali, via via sempre più deboli e disinteressati, accettano coabitazioni con vicini sempre più belligeranti. Si parla di brevi incursioni di Goti e Longobardi anche nell'estrema penisola salentina.
  La migliore difesa possibile apparirà ovunque e comunque la costruzione di imponenti strutture militari di difesa passiva, i castelli appunto.
  La storia delle guerre per tutto il medioevo, e per tutta il periodo moderno, sarà la soria di assedi a castelli, rocche, città fortificate. Un principio, quello della difesa passiva che perdurerà fino al genio militare di Napoleone, ed anche oltre con la misera illusione delle fortificazioni francesi della seconda guerra mondiale (linea Maginot).
  Una guerra di assedi e piazzeforti che conoscerà solo l'invezione della polvere da sparo e l'affinamento delle capacità balistiche delle artiglierie, e che si evolverà in partiche sempre più standardizzate di attacco e risposta fino ai formulari ed agli abachi del primo ottocento.

  Per quello che ci interessa, come si è già detto altrove, il castello di Castro appare nella sua forma attuale già nel 1591. Ricostruito dai Gattinara dopo il terzo assedio del 1573, assorbe tutte le preoccupazioni dei danni che le nuove artiglierie da sparo possono recare alla difesa. Si dirà che i concetti della difesa dalle nuove armi siano stati sempre lentamente recepiti nell'edilizia militare in genere. Molti castelli, anche di nuovo impianto, risultarono militarmente già vecchi prima ancora della loro costruzione. Delle fortificazioni di Puglia si dirà ancora che la fretta posta dall'incombente pericolo turco, sia stata foriera di aggiustamenti in corsa non sempre all'altezza delle capacità del nemico.

  La nostra Castro, già messapica, romana, e poi bizantina, probabilmente conobbe e temette tutte le più artificiose macchine da guerre e tutte le astuzie dei diversi condottieri che alla sue mura si avvicinarono.

  E l'architettura militare in fondo non è altro che la risposta alla forza ed alla astuzia del nemico.  La storia dei castelli non è altro che la storia delle armi e delle tecniche di guerra.

  Escluse alcune armi "improprie", quali il tradimento e l'inganno, la forza del denaro (si documenta che che alcune comunità salentine si consegnarono ai Turchi durante l'assedio di Otranto in cambio di agevolazioni fiscali!) o il semplice terrore (aiutato in tutti i modi, come piantare davanti alle mura della città assediata i  pali necessari a impalare tutti i difensori, o come catapultare vivo all'interno della fortificazione qualche povero disgraziato, millantando così una ferocia che poi in effetti si sarebbe manifestata  per intero) l'assedio fu portato con tecniche e macchine sempre più affinate che è bene, nell'interesse della conoscenza del nostro castello, conoscere.
   
  Fino allo sviluppo delle artiglierie da sparo, le armi impiegate negli assedi possono distinguersi in:
 

a) macchine ed armi da lancio o da getto.
  Di varia foggia e fattura con qualche diversificazione tra mondo romano (catapulte, petriere) e mondo orientale (màngani - in figura-, trabuchi) potevano lanciare pesi prossimi ai 10-12 quintali di qualunque forma e materiale. 
  Le catapulte, in genere, lanciavano a distanze prossime ai 150 metri.
  Le balestre potevano lanciare frecce (verrettoni) di legno con punta in ferro di 4-5 metri di lunghezza, con sezione quadrata di 10-12 cm di lato. Alla distanza di cinquanta metri poteva forare una robusta palizzata da accappamento.

  Le armi da getto da usarsi a mano, e dette per questo manesche, erano gli archi di varia forma e fattura, e un buon arciere lanciava anche 10-12 frece al minuto senza distogliere gli occhi dal bersaglio. La freccia, generalmente di 80-95 cm, se lanciata con alzo di 45 gradi, poteva spingersi intorno ai 100 metri.
  Più temibile la balestra a mano per la sua forza di penetrazione e tiro teso. Anche se più difficilmente ricaricabile (circa tre colpi al minuto) consentiva il tiro mirato anche a 60-80 metri. Il Concilio lateranense del 1139 proibiva come troppo micidiale l'uso della balestra tra Cristiani e ne ammeteva l'uso solo contro gli infedeli. Ma fu una norma scarsamente rispettata.
 

b) macchine ed armi da percossa
  In genere costituito da un ariete protetto da una tettoia e diversamente sospeso per l'oscillazione. Gli assedianti rispondevano con il getto di travi trancianti, con uncini, o calvano in prossimità delle mura colpite delle mantellate in legno per ridistribuire l'energia del colpo.
 
c) macchine ed armi di appoggio e di assalto.
In genere torri multipiano dette battifredi atte ad ospitare militari, arcieri o a loro volta altre macchine da guerra.
 
d) espedienti di gallerie di mina e di scoppio
  Quando la natura del terreno lo permetteva, il mezzo più sicuro ed usato, anche se non immediato, era scavare fin sotto le mura fortificate e creare ampie cavità con  precarie opere di puntellamento alle quali si dava modo di crollare con diversi artifici. La cava da mina, così realizzata e che conserverà il nome anche quando si utilizzerà in modo più proficuo anche la polvere da sparo, sarà temuta e contrastata in tutti i modi, sia con uscite di controattacco sul cantiere nemico sia con altre opere di controcava dall'interno. I fossati furono costruiti anche per consentire l'allagamento delle mine nemiche o per riserva d'acqua a tale scopo.
  Nell'ultima edilizia militare i castelli si costruivano prevedendo una fitta rete di cunicoli interrati esterni per consentire il maggiore controllo all'attacco interrato portato dal nemico.
  Ricordiamo che ogni assalto, anche per tutto il Settecento e fino all'invenzione della canna rigata per le armi da sparo, si concludeva con la mina dei bastioni nemici e la formazione di una breccia per l'assalto finale.
  Era talmente odiata la pratica della mina che ai militari addetti se catturati venivano spesso  tagliate le mani o cavati gli occhi.
 
e) armi speciali da fuoco
  Della polvere da sparo tutte le nazioni si vanteranno di averne scoperto l'uso. Ma dalla sua scoperta all'uso proficuo e corrente nell'arte militare passeranno non meno di cent'anni.
  In Italia, la prima bombarda documentata in un affresco vicino Siena, è del 1343.
  Si sa che Costantinopoli fu assedita e presa nel 1453 sotto il tiro delle grosse bombarde di Maometto II.
  Artiglierie a polvere e "scoppietti" ed altro ordigni analoghi erano diffusi al tempo del Petrarca che ne parlò.
  Ai tempi del primo assalto (1480) del castello di Castro, erano già diffusi cannoni noti per i pittoreschi nomi, come il Falcone, il Falconetto e il Mezzo Falconetto; la Colubrina, la Serpentina, il Sagro, o quarto di Colubrina, l'Aspido che serviva da spingarda e utilizzava ferraglia e cocci e ghiaia; lo Smeriglio, poi detto anche Smeraldo, il Girafalco e l'Aquilo; il Redene e il Saltamarino e il Cacciacornacchie; il Bronzino, la Forlina, il Passavolante e il Ribacchino.
  Si usarono anche varie tabelle per catalogare i calibri e la lunghezza della canna , ma poi si inizio semplicemente a distinguere tra pezzi reali -con pale da 8 libbre (3,2 kg) in su - e pezzi non reali con palle di peso inferiore.
  Una bombarda Corona del 1464 raggiungeva 45cm di calibro e lanciava proiettili da 400 libbre (160 kg).
  Le bombarde Liona e Bissona dello stesso periodo raggiungevano i 32cm di calibro.
  Nel 1472 Galeazzo Sforza riusciva a gettare una Galeazza Vittoriosa  di 53 cm di diametro per un peso di  otto tonnellate e mezzo che lanciava proietti da 614 libbre ( 245 kg). In Europa qualcun'altro faceva anche di meglio, ma gli storici sono dubbiosi sull'efficacia, se non propagandistica, di tutti questi eccessi balistici.
  Nel 1494 Carlo VIII cala in Italia col suo esercito e Guicciardini dice che aveva al seguito 36 grossi calibri, 104   colubrine, 200 falconetti trainati (una novità assoluta) e più di 1.200 grossi archibugi.

  Fino a tutto il secolo l'utilizzo del cannoneggiamento per la presa di opere fortificate appare diversamente efficace e sicuramente sottovalutato in Italia. Sempre i francesi utilizzato i loro pezzi più leggeri (passavolanti) con nuove palle in ferro del diametro massimo di 10cm (contro le usuali bombarde da 50/60cm) e li dotano di ruote per formare le prime artiglierie da campo. (segue)
 

Le armi del Castello di Castro


(testo da copiare)
 


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