Si tratta del frammento di un vaso attico smaltato di nero, un ostrakon le cui dimensioni sono di appena di 5,9 cm per 2,9 cm, e sul quale è incisa la linea costiera della penisola salentina insieme a due toponimi greci ed undici toponimi indigeni, le cui posizioni sono indicate da punti. Si riconoscono i nomi di Taranto scritto in greco (Τάρας, Taras) e di Otranto, Nardò, Ugento, Soleto e Leuca scritti in messapico, mentre ai lati sono indicati in modo schematico il Mar Ionio ed il Mare Adriatico simboleggiati da sigma a quattro tratti.
Dalla scritta tagliata in due in alto a destra che corrispondente all’attuale sito di Roca Vecchia si evince che la mappa originale era più grande del frammento giunto fino a noi.

La Mappa di Soleto
L’oggetto è stato scoperto all’interno di un grande edificio messapico il 21 agosto 2003 a Soleto (LE) dall’Archeologo belga Thierry van Compernolle nel corso di scavi archeologici, e testimonia le relazioni esistenti tra gli Iapigi, i Messapi ed i Greci nel V secolo a.C., non sempre approfondite dalla predominante tradizione letteraria greco-romana.
Dall’analisi epigrafica e dall’aspetto alfabetico dei toponimi trascritti sull’ostrakon, si è stabilito come l’abbreviazione del toponimo “Graxa” (probabilmente Gallipoli) non sia in alfabeto greco, ma in un alfabeto greco arcaico di tipo rosso[1] in uso a Taranto. Gli studiosi Carlo De Simone e Mario Lombardo, affermano infatti che soltanto il toponimo “Taras” è in alfabeto greco. Dietro questa scoperta quindi, si nasconde la data di quella che fu certamente la prima parlata tarantina con tutte le sue peculiarità linguistiche, cioè quelle di tipo lessicale, morfologico, fonetico e di intonazione.


La mappa dimostra anche come gli antichi Greci fossero interessati alla rappresentazione di aree realmente esistenti prima ancora dei Romani, e quindi la scoperta ripropone agli storici il problema di riconsiderare gli inizi dell’antica cartografia. Infatti la maggior parte delle mappe classiche esistenti sono romane e sono state datate a dopo la nascita di Cristo.

Fonti storiche

Le uniche fonti di cui disponiamo sono Strabone (che viaggiò per questa regione e scrisse in età augustea) e Plinio. Il primo ci conferma che esistesse una strada sallentina che da Taranto portava a Vereto e da qui a Otranto, e che definisce più comoda del periplo via mare. Plinio aggiunge che da Vereto si raggiunge Otranto in 19 miglia toccando Vaste. Nei secoli successivi la Vereto-Otranto passa da Castro (Castrum Minervae) come indicato sulla Tabula Peutingeriana (copia medioevale di originale romano del IV secolo).

Strabone ci dice anche che:

« Coloro che non riescono a tenere la rotta (per Brindisi) poggiano a est da Saseno verso Otranto e da qui, col vento favorevole, puntano sul porto di Brindisi, oppure sbarcano e proseguono per la più breve via di terra, puntando su Rudiae, la patria di Ennio. »

Di Cavallino e Muro gli scrittori romani non fanno cenno, il che significa che i due centri furono completamente distrutti prima dell’età augustea. Essendo però state portate alla luce le mura messapiche, essi sarebbero stati centri importanti nel V secolo a.C.,periodo a cui risalirebbe la mappa ritrovata.