24 Settembre 2010 in Architettura, Blog, Restauri

Autunno, cadono i solai

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Ricomincia il lavoro dopo la pausa estiva e i primi tre cantieri sono tre solai da buttare giù. La demolizione è il momento della diagnosi più completa che si possa fare sul degrado che ha portato la struttura di copertura di un fabbricato a deteriorarsi fino al punto da dover essere sostituita così anzi tempo.

Si può saggiare la consistenza del calcestruzzo, la sua granulometria, la costipazione, la quantità, la posa e la conservazione dei ferri di armatura. E capire cosa non ha funzionato. Le strutture che vanno già sono della metà degli anni 70, un periodo di transizione tra le tipologie dei vecchi solai cosidetti “gettati in opera” e quelli attuali con travetto precompresso.  Tra i calcestruzzi impastati in cantiere e quelli preconfezionati forniti dagli impianti di produzione.

Questa volta la diagnosi è la più ricorrente e comune: una pessima posa dei ferri di armatura e un getto  dell’impasto altrettanto irresponsabile.

Accanto a evidenti errori di posa dei ferri, con scarso o nullo copriferro, l’assenza di un adeguato pistonamento o vibrazione del getto ha reso inutile anche il copriferro in quei tratti dove lo spessore dello stesso è tecnicamente corretto.

Le sezioni di contatto coi laterizi non è mai compatta. I ferri sono a ridosso del laterizio. Nelle sezioni di mezzeria del travetto il ferro è quasi protetto dalla sola intonacatura.

Da Blog PP – Solai

Nelle sezioni trasversali è facile osservare la posizione sbagliata dei ferri e l’assenza di ogni pistonamento nella parte inferiore della canaletta.

La curiosità di indagare oltre mi ha portato a fare dei test con la fenolftaleina, un rilevatore del ph del calcestruzzo che da una esatta indicazione del grado di carbonatazione dell’impasto. Alla ricerca di un riscontro diretto tra l’assenza di carbonatazione e la conservazione delle armature, ho spruzzato tutta l’ampia sezione di un paio di travetti.

Da Blog PP – Solai

In tutti e due i casi il calcestruzzo ha esaurito la capacità di protezione chimica del ferro (passivazione) mentre in prossimità dell’area intorno alla nonconatura superiore è ancora possibile vedere il viraggio rosa del cls.

Da Blog PP – Solai

Una breve discussione tra le vecchie maestranze presenti in cantiere e l’evidenza dei colori, porta a sostenere che la semplice vibrazione, anche accidentale o non voluta, di quei monconi, ha contribuito a costipare l’impasto quel tanto da renderlo impenetrabile all’aria (e all’anidride carbonica) con quei benefici che ne conseguono.

Se i ferri fossero stati posti con un minimo di cura e in cantiere fosse stato disponibile un vibratore questa struttura avrebbe resistito ancora un bel po.

Sarebbe interessante esaurire l’analisi con una indagine sulla presenza di cloruri, sia per la vicinanza del mare, sia per l’eventuale impiego di acque salmatre negli impasti. E pure di una titolazione sui solfati e degli altri elementi che portano alla malora i ferri di armatura.

Alla prossima demolizione.




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